Da alcuni anni le Pubbliche Amministrazioni, per i loro acquisti, usano una piattaforma informatica chiamata MEPA (Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione). La piattaforma agevola lo scambio dei documenti con i fornitori (listini, capitolati, contratti, ecc.) redatti e firmati digitalmente. Tali documenti sono generalmente soggetti all’imposta di bollo perché il documento informatico è ritenuto una stipula sottoscritta dalla Pubblica Amministrazione e non uno scambio di corrispondenza

Due questioni creano, di solito, incomprensioni tra PA e imprese fornitrici. La prima riguarda il soggetto tenuto a pagare l’imposta di bollo, la seconda le stesse modalità di pagamento del bollo.
L’interpello n. 321 di luglio interessa questa seconda questione. Nella prassi risulta abbastanza comune che le Pubbliche Amministrazioni pretendano che le controparti private assolvano l’imposta di bollo mediante modello F24 con codice tributo 2501; richiedono poi un atto notorio per collegare il versamento all’atto specifico ed evitare che il fornitore disinibito utilizzi lo stesso F24 a fronte di una pluralità di contratti. Ebbene, l’Agenzia ricorda che il pagamento del bollo può ora avvenire (ex art. 3 D.P.R. 642/1972) mediante contrassegno telematico o in forma virtuale per le imprese a ciò autorizzate.
Qualora il contribuente utilizzi il contrassegno telematico, cioè la marca da bollo adesiva che siamo abituati ad acquistare dal tabaccaio, si pone il problema di come apporla al documento informatico. L’Agenzia chiarisce che ciò è possibile indicando sul documento informatico il codice numerico di 14 cifre rilevabili dal contrassegno telematico rilasciato dall’intermediario. Il contrassegno sarà poi conservato materialmente dallo stesso contribuente per il termine triennale previsto per l’accertamento.
L’Agenzia non chiarisce cosa succede dopo i 3 anni, ossia se il contrassegno divenga comunque inutilizzabile. Non ci è chiaro come, e se, l’Agenzia ritiene di controllare l’utilizzo dei contrassegni telematici. Neanche un cenno è dedicato alle nuove modalità di pagamento mediante marca digitale con PagoPA. Forse l’Agenzia immagina che sia la Pubblica Amministrazione a provvedere all’acquisto delle marche da bollo, in quanto parte che provvede a formare il documento?
Quanto al versamento mediante F24, l’Agenzia ribadisce il contenuto della risoluzione 89/E/2016. Tale modalità è riservata, dall’art. 6 D.M. 14.06.2014, all’assolvimento dell’imposta di bollo sui documenti informatici fiscalmente rilevanti, cioè – chiarisce l’Agenzia – i libri e i registri contabili, le fatture note e simili. Insomma, l’F24 non va bene per assolvere l’imposta sui contratti formati all’interno del MEPA.
L’imposta di bollo è obsoleta. Il costo della sua compliance, nell’era digitale, rischia di incidere enormemente sul gettito che ne deriva. Il punto è che tale costo è a carico dei contribuenti, trasformandosi in prelievo improprio e improduttivo. Peraltro, il pagamento della tassa pare affidato più alla buona volontà dei contribuenti che all’esercizio di un effettivo controllo.
L’abolizione della tassa parrebbe una richiesta velleitaria, ma l’introduzione di metodi di pagamento semplificato e di metodi di controllo effettivi ridurrebbero sicuramente i costi di gestione per i contribuenti onesti.
FONTE RATIO.IT