Home School: cosa deve imparare il MIUR

Il digitale ha cambiato radicalmente non solo il modo di eseguire i compiti, ma anche le organizzazioni a questi deputate – home banking per le banche, social communication per gli enti pubblici, ecommerce per il commercio, selfpublishing per l’editoria . Tutte le organizzazioni, meno una: la scuola. Forse perché manca una visione strategica “dall’alto”, come dimostra anche l’approccio adottato per affrontare il blocco della didattica dettato dall’emergenza coronavirus.

La chiusura delle scuole disposta per fronteggiare l’epidemia del Covid-19 ha fatto infatti emergere l’esigenza di potere studiare anche senza essere presenti in un istituto scolastico. La scuola già prevede che per imparare si facciano compiti a casa, ma lezioni del professore a casa, assegnazione dei compiti, interrogazioni, questo no, non si è visto quasi mai.

Fermare la scuola sembra equivalere a fermare l’apprendimento delle materie scolastiche. E allora come si fa a finire il programma senza andare a scuola? E senza andare a scuola, come possono prepararsi i ragazzi che devono sostenere un esame?

Il MIUR risponde rendendo disponibile una pagina web vista come un:

“…ambiente di lavoro in progress per supportare le scuole che vogliono attivare forme di didattica a distanza nel periodo di chiusura legato all’emergenza coronavirus.

Le istituzioni scolastiche possono fare questa scelta in totale autonomia e senza nessun obbligo.

Da questa sezione è possibile accedere a: strumenti di cooperazione, scambio di buone pratiche e gemellaggi fra scuole, webinar di formazione, contenuti multimediali per lo studio, piattaforme certificate per la didattica a distanza.

I collegamenti delle varie sezioni di questa pagina consentono di raggiungere ed utilizzare a titolo totalmente gratuito le piattaforme e gli strumenti messi a disposizione delle istituzioni scolastiche grazie a specifici Protocolli siglati dal Ministero.

“Se le scuole vogliono attivare forme di educazione a distanza, lo facciano pure, noi le supporteremo”. Come se una banca volesse realizzare un sistema di home-banking e dicesse alle filiali “se volete realizzare una qualche forma di home banking fatelo pure, io vi supporterò”.

La scuola è più importante di una banca perché riguarda il futuro della società, a maggior ragione ci vorrebbe una visione del ruolo che le tecnologie possono giocare in un’innovazione necessaria per adeguarla ai nuovi bisogni. Il cambiamento della scuola non si improvvisa quando c’è un’emergenza, ma va progettata, realizzata e sperimentata in un ampio arco temporale. E soprattutto questo cambiamento non può riguardare solo ristrutturazioni dei livelli scolari, riforme dei programmi e modalità di svolgimento dell’esame di stato, come è stato finora, ma deve investire tutti gli aspetti in cui si articola un sistema complesso come la scuola, compreso l’uso sistematico delle tecnologie digitali per l’apprendimento.

Lo scenario che abbiamo davanti è questo: ci sono scuole che hanno le condizioni per realizzare forme di elearning e altre che non ce l’hanno. Lasciamo da parte il problema pur importante del divario che si crea tra gli studenti dei due tipi di scuole, e consideriamo quali sono queste condizioni. Innanzitutto, ci devono essere insegnanti capaci di usare piattaforme di comunicazione e condivisione, condizione necessaria ma non sufficiente. Poi, questi insegnanti devono essere anche in grado di progettare e realizzare ambienti di apprendimento che integrino tecnologie digitali. In altri termini devono essere progettisti esperti di learning design. Possono essere improvvisate queste competenze? Non credo. Un’altra condizione necessaria è che i ragazzi siano connessi, abbiano a disposizione un dispositivo personale e sappiano usarlo a un livello adeguato all’apprendimento. E chi non ce l’ha? Si arrangi.

tratto da AgendaDigitale.eu – di V. Midoro

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