Ha suscitato non poche polemiche il documento del Comitato tecnico scientifico sulle nuove indicazioni per il rientro a scuola. Nel verbale del 13 agosto, si legge: “Il CTS ha ribadito che la misura del distanziamento fisico, inteso come distanza minima di un metro tra le teste degli alunni, rimane uno dei punti di primaria importanza nelle azioni di prevenzione del contenimento epidemico”.
Il CTS ha inoltre precisato “L’utilizzo della mascherina è necessario in situazioni di movimento e in generale in tutte quelle situazioni nelle quali non sia possibile garantire il distanziamento prescritto”, che, proprio per la dinamicità che caratterizza il contesto scolastico, in tutte le eventuali situazioni temporanee in cui dovesse risultare impossibile garantire il distanziamento fisico, lo strumento di prevenzione cardine da adottare rimane l’utilizzo della mascherina, preferibilmente di tipo chirurgico”.
Il distanziamento si dovrà attuare tenendo conto del metro statico o dinamico? La distanza minima tra i banchi da quale punto andrà calcolata? E quella dal muro dovrà essere di 50 o 70 centimetri? Quali layout per le aule saranno più adatti? Sono le domande che per settimane hanno tormentato l’estate più complicata di sempre di dirigenti scolastici e ingegneri responsabili della sicurezza degli istituti. Metro alla mano, hanno fatto rilievi, prove e simulazioni. Alla fine, dai calcoli effettuati è emerso che oltre un milione di alunni non sarebbero potuti rimanere nelle loro aule, davvero troppo piccole per rispettare i limiti minimi imposti dagli esperti: tenendo conto delle non troppo chiare disposizioni contenute nelle Linee Guida prodotte dal ministero dell’Istruzione il 26 giugno scorso e del Protocollo d’inizio agosto, si è giunti del resto alla conclusione che in un’aula di 35-40 metri quadrati non sarebbero potuti entrare più di 15-16 alunni.
Proprio l’indispensabilità di non derogare al distanziamento ha prodotto la necessità di trovare spazi aggiuntivi, anche all’esterno delle scuole: un’ipotesi caldeggiata dalla stessa ministra Lucia Azzolina che ha dato il suo consenso all’accoglimento degli alunni di troppo in sedi “acculturanti”, come i musei, i cinema, i teatri e le biblioteche. Secondo alcune stime, tale necessità sarebbe stata tutt’altro che marginale: addirittura si è parlato (forse esagerando) di 160 mila classi da “sistemare” in aree alternative.
Ora, probabilmente anche per i ritardi di consegna dei nuovi banchi e per via dei tempi ristretti per individuare gli spazi, considerando anche che il ministero dell’Istruzione continua a sollecitare i presidi per avere chiaro “il quadro degli interventi e delle necessità ancora in capo alle scuole”, si scopre che il distanziamento era solo auspicabile. Ma non proprio così indispensabile.
La novità non è da poco. Perchè significa che gli alunni potranno stare anche vicini, a meno di un metro, seduti uno accanto all’altro sul vecchio banco biposto. E per molti non si tratterà di stringere i denti pochi giorni.
Già, perché nel frattempo la data di consegna inderogabile del 7 settembre, inizialmente imposta dal commissario Domenico Arcuri come data ultima per la consegna di 2 milioni di banchi monoposto e 400 mila sedute “innovative” con base di cinque rotelle, è stata spostata a fine ottobre (probabilmente con penali, uno scenario anticipato del resto dai produttori italiani).
In parole povere, almeno in classe per milioni di alunni l’anno scolastico inizierà come era finito tra fine febbraio e inizio marzo: con la sola accortezza della mascherina da indossare sempre, che non a caso lo Stato fornirà gratuitamente garantendo una produzione quotidiana di 11 milioni di pezzi.
Una condizione che potrebbe andare avanti per un mese e mezzo. Sempre che le 11 aziende produttrici facciano in tempo e produrre i banchi monoposto.
Tratto da TecnicadellaScuola.it